littlewillow

Sarebbe bello iniziare come cantava Elio... "mi presento son l'orsetto - hem hem - "... ma non sarebbe politically correct, temo! Allora che devo dire? Se ho qualcosa da dire lo scrivo nei post, no? E allora, oh basta là! (per citare Jacopino Belbo) ---- :D ----

Monday, November 27, 2006

"Il racconto"

(Questo risale al lontano 2001!)
Il racconto

"Vorrei perdermi dentro di te"
Il racconto rispose. Lui non se ne stupì nemmeno: era una cosa ovvia come il sole che il suo racconto dovesse essere vivo e vegeto.
Il racconto dunque disse: - E in che modo vorresti farlo?
Dopo breve riflessione. - Ancora non saprei, - disse lo scrittore, - ma mi piacerebbe molto poter scorrere lentamente insieme a te, e ottenere da te risultati imprevedibili.
- D'accordo, - disse il racconto, - hai già in mente un finale per me?
- A dire il vero, no.
- Molto bene, questo è il primo passo. Ti sei scritto una scaletta?
- Non mi veniva in mente nulla.
- Perfetto: procediamo a grandi passi.
Si squadrarono un istante, poi il racconto aggiunse:
- D'ora in poi mi scriverai a quattro mani.
- Con chi?
- Con me, che domande. Adesso vattene, voglio riposare.

L'uomo ritornò alle quattro. Era stato a girovagare per le vie della città, pensando al suo racconto. Guardando i volti dei passanti, l'acciottolato delle strade, nonché il semplice cielo, gli erano sopraggiunte in buon numero certe idee stuzzicanti per il seguito. Per ora, era fermo a pagina 1, alla prima frase del suo romanzo d'amore, che diceva: "Vorrei perdermi dentro di te." A dirlo era una ragazza di nome A) Veronica; B) Stella; C) ANTHEA, a seconda delle storie che lo scrittore avrebbe tratto da quell'incipit dalle vaste possibilità.
Veronica era una giovane spagnola alla ricerca di avventura, che s'imbatteva ad un crocevia in un uomo dalla personalità magnetica; Stella era una astro nascente della Via Lattea, che s'innamorava ricambiata di un prestante asteroide in orbita attorno a lei. Qui lo svolgimento d'obbligo era di certo drammatico: il connubio amore-morte si faceva indissolubile in quella relazione dove il più piccolo contatto fisico avrebbe significato l'immediata distruzione di due celestiali corpi celesti.
Più di tutte, la vicenda di ANTHEA attirava lo scrittore in un'aura di vero mistero. Quel nome rievocava terre bruciate dal sole, isole grandi come una capocchia di spillo, sperdute in caldi mari blu, là dove un fiore era più raro dell'oro e dei diamanti. Chi era ANTHEA? Lo scrittore lo avrebbe mai saputo?
- Ma neanche per sogno! Bleah, puah, tzè - si scalmanò il racconto. - Non mi deturperai in questo modo osceno!
- Ma... a me non sembrava male. - tentò di insistere l'uomo, deluso e leggermente seccato. Tra sé e sé diceva: "Ma che cose vuole questo sputacchio? ha solo cinque parola, un punto e due paia di virgolette e si crede chissà chi."
- Cicca cicca - fece il racconto, che leggeva nel pensiero del proprio genitore. - Se non ti sta bene, non scrivermi più. Pubblicami così: vedrai il tuo editore!
Lo scrittore dovette ammettere che aveva ragione il racconto.

Tuttavia, al racconto sembrava non andare mai bene niente, e lo scrittore, che come tutte le persone di genio possedeva una ristretta quantità di pazienza, presto cominciò a minacciarlo con un accendino nella mano destra e un taglierino nella sinistra.
- Fallo pure se vuoi, Erode, - sentenziò il racconto, - ma sappi che non morirò invendicato e che nessuno dei miei fratelli, cognati, cugini, prozii, nipoti, suoceri, nuore, bisnonni, generi...
- ALLORA! - sbraitò lo scrittore per farlo concludere.
- ... nessuno mai più si lascerà scrivere dalle tue mani immonde. Resterai senza vena né arteria poetica. Al massimo, qualche capillare pittorico. Arrangiati! - e lanciata la suddetta maledizione sprofondò in un silenzio melodrammatico, mentre lo scrittore pesava con cura i pro e i contro della propria spiacevole situazione. Alfine, si risolse ad assecondare il pretenzioso racconto.
- Vabbè. Tu però non devi rifiutare tutte le mie proposte per semplice ripicca.
- Mi stai dando del vendicativo?... e poi io non scendo a compromessi con te, - fece altezzoso, e aggiunse: - Qui si tratta del mio futuro, spetta a me decidere.
Lo scrittore voleva fargli notare quanto le loro fortune fossero strettamente legate, e quanto fosse nel suo stesso interesse la buona riuscita del racconto; ma non seppe resistere alle lusinghe dell'ironia e disse:
- Intendi far carriera?
- Certo. Un sequel, magari due... poi da me verrà tutto un kolossal, verrò ripubblicato con l'esclusiva fascetta "Da questo libro il film candidato a otto oscar" ... un boom di vendite ... sarò su tutti i giornali...
- Tu lavori troppo con la fantasia...
- Sfido io, è dalla fantasia che sono nato.
Lo scrittore dovette ammettere che aveva ragione il racconto.

- No, no, quante ripetizioni! E poi che storia assurda!, - bofonchiò l'editore dello scrittore del racconto. - Un racconto che parla!
- E' autobiografico, signor editore...
- Ah, è pure autobiografico, deficiente? Ricordami di non accettare mai inviti a cena da te... chissà che porcate che mangi prima di andare a letto.
A casa con il rifiuto dell'editore sul groppone, lo scrittore ripesò con cura i pro e i contro della propria spiacevole situazione, e intanto stava a sentire il suo racconto che cianciava trasognato.
- Effettivamente, che storia assurda: un racconto che parla! Roba da magia nera...
E il racconto: - Vincerò il premio Strega...
- ... e io che volevo soltanto un racconto che si evolvesse a sorpresa, perfino per me... l'idea del secolo!
- ... quell'editore... un vero incompetente! Ma come si fa?? Ma è che io sono troppo, troppo avanti, cari miei...
Stettero in silenzio a fissarsi l'un l'altro in preda a sentimenti contrastanti. Infine, lo scrittore prese la decisione definitiva.
- EHI! Che fai?! - si spolmonò il racconto, mentre lo scrittore lo relegava nella scatola delle "brutte" e gli piazzava sopra il coperchio per farlo tacere. Poi impugnò lo penna, prese una pagina intonsa del suo quaderno e scrisse:
"Vorrei perdermi dentro di te"
Il racconto n° 2 rispose:
- Ehilà.
Lo scrittore educatamente ricambiò il saluto:
- Buondì.
- Hai qualche desidero particolare per me?
Lo scrittore, sempre con gentilezza, disse:
- No: sarai un romanzo d'amore dalla trama scontata e alquanto stucchevole.
- Occhei, - rispose lo stucchevole racconto n° 2, - chiama se hai bisogno. Io mi faccio giusto una dormitina...
- Dormi, dormi, - lo assecondò lo scrittore, e posò la punta della penna sul foglio, pronto per la seconda frase.

The End

Sunday, November 26, 2006

Jack Bruce, "Theme for an imaginary western"

One of the best songs ever...

When the wagons
leave the city
for the forest, and further on
Painted wagons
of the morning
dusty roads where they have gone
Sometimes travelling
through the darkness
met the summer coming home
Fallen faces
by the wayside
Looked as if they might have known

O the sun was in their eyes
and the desert that dries
In the country towns
where the laughter sounds

O the dancing
and the singing
O the music when they played
O the fires
that they started
O the girls with no regret
Sometimes they found it
Sometimes they kept it
Often lost it on the way
Fought each other
to possess it
Sometimes died in sight of day

O the sun was in their eyes
and the desert that dries
In the country towns
where the laughter sounds.

Hola a todos! Domani, seminario di storia del pensiero politico in università, il mio primo seminario della specialistica. Tema: il problema della dittatura tra Machiavelli e Schmitt. E' un tema appassionante che mi riporta all'ardente passione politica del liceo... penso veramente che a queste cose mi piacerebbe dedicarmi a tempo pieno, anche se sono combattuta e incerta tra la filosofia politica e la storia della filosofia tout court... è vero che è perfino uscito un libro (di Altini) intitolato "La storia della filosofia come filosofia politica", dedicato all'interpretazione straussiana e schmittiana di Hobbes (libro discreto, scrittura un po' involuta in alcuni punti ma molto interessante l'argomento), per cui ho illustri precedenti! Però, però... non so, certe volte sento che tutto quello che studio è perfettamente inutile, che la storia della filosofia non porta da nessuna parte. Come storica della filosofia il mio obiettivo sarebbe di restituire l'esatto significato delle opere che studio, di calarmi nei panni dell'autore, per quanto antico possa essere, per quanto le sue tesi possano essere sorpassate o inattuali; non dovrei lasciarmi tentare dalla seduzione dell'attualizzazione, non dovrei mettere in bocca ai miei autori affermazioni o meditazioni impensabili alla loro epoca, dovrei anzi - per dire - lavorare su me stessa trasfigurandomi in un giurista-filosofo del XVI secolo per poter capire veramente Jean Bodin.
Eppure questo mi pare da un lato perfettamente inutile, perché non mi darebbe nulla di spendibile nell'attualità (mentre io ho scelto di studiare filosofia per avere uno sguardo "umanistico" sull'attualità, non per contemplarla e basta però, ma per capire dove intervenire per aggiustarla quando qualcosa va male...); d'altro canto mi pare anche un po' illusorio credere di poter attingere a una perfetta identità con il testo che si studia, è un po' come il discorso dell'antropologo e del selvaggio: per quanto ci si sforzi di comprendere l'altro, non si può fare a meno di ricorrere a filtri interpretativi...
Il fatto è che queste non sono domande oziose per me, ne va di quello che deciderò di fare in futuro; o meglio, in realtà potrei semplicemente decidere di lasciarmi trascinare dalle vicende, di non pormi troppe domande e studiare ciò che mi capiterà sotto mano, se mi renderò conto di poterci lavorare con profitto; ma non è che questo sia proprio il massimo!
Time expired for existential questions. Cesso di ammorbarvi con quesiti metafisici e vi auguro una buona cenetta!
[e in questa sera di scontro d'alta classifica, un incoraggiamento ai ragazzi: FORZA INTER!]